lunedì 11 luglio 2011

Che cosa sarà. (L'Italia di Giuseppe Rovani)


L'Italia è come la Torre di Pisa? Pende, pende e non s'arrende?
Malgrado io sia un ottimista ben informato, il momento cruciale che stiamo vivendo  è offuscato non solo dalla calura estiva, ma anche dall'opera capillare che il governo e l'opposizione stanno compiendo per disinformare la pubblica opinione.
Distratti come siamo dalle vacanze che non faremo (i quattro quinti degli italiani non si possono permettere vacanze) NON siamo interessati alla frana che sta iniziando a travolgerci, delicatamente, senza fretta, un po' per volta, in modo tale che - quando la rovina sarà manifesta - NON avremo alcun scampo!
Eppure i protagonisti e i caratteri dei medesimi sembrano usciti da un romanzo scritto più di centocinquanta anni fa, "Cento Anni" di Giuseppe Rovani.
In quel oceano di parole, il milanese Rovani ha detto e descritto tutto quello che c'era da dire sulla inconsistenza del ceto dirigente dell'Italia preunitaria nel periodo che va dal 1750 al 1850.
A volere ambientare questo romanzo ai nostri giorni NON si farebbe sforzo alcuno, data la familiarietà delle pensiero e dell'azione che muove i singoli personaggi del libro.
Credo che vi sia coerenza - nel senso proprio di questo termine - tra il nostro passato e quello attuale, ove l'unico interesse che guida il c.d. ceto dirigente è il proprio "particulare", come descritto da Messer Guicciardini.
C'è speranza? C'è una via d'uscita?
Il mondo d'oggi, a differenza del passato, è (economicamente e socialemente) più vasto e più complesso e, a questi cambiamenti, gli italiani non sono interessati perché non sono stati adeguatamente informati dai mezzi di comunicazione.
Quando la frana sarà evidente, scoppierà - come al solito - l'emergenza, parola importantissima nel lessico della Repubblica Italiana. 
Con l'emergenza si sopprimeranno gli ultimi spazi di libertà e di diritto ancora praticabili e si perverrà alla svolta autoritaria da decenni minacciata e sempre rinviata: in una simile evenienza non sarà invece possibile evitare la caduta del quadro democratico, giacché i gravi problemi di approvvigionamento alimentare, di caos finaziario e di sicurezza interna e esterna all'Italia "obbligheranno" il governo a optare per scelte decise e radicali.
I sintomi sono fra noi: Equitalia, il potere delle banche, delle assicurazioni e dei "poteri forti" dentro e fuori il sistema giudiziario italiano, dentro e fuori il sistema parlamenare italiano fanno comprendere che non si è in presenza di azioni lobbistiche, MA di un serio tentativo di cambiare le regole del gioco.
In una democrazia le regole del gioco sono espresse nella Costituzione. Ogni Costituzione democratica ha regole al suo interno per la modifica della medesima, e anche la nsotra possiede norme in materia.
Per cambiare la Costituzione, in ogni democrazia, c'è bisogno di una maggioranza qualificata e del rispetto della procedura dettata per realizzare l'emendamento.
In Italia NON esiste una maggioranza qualificata per la modifica della Costituzione e allora si cerca di affogarla, sì, conio l'espressione "affogamento della Costituzione".
Se non posso fare il cambiamento che voglio, allora sprofondo e affogo tutto.
Questo è lo scopo di moltissime leggi e leggine che - andando oltre il tollerato sfondamento costituzionale - servono ad affogare nella loro incostituzionalità l'intero quadro costituzionale.
Queste leggi sono presentate agli italiani come norme di liberalizzazione o di tutela del consumatore (e mai del cittadino) in cotrapposizione con lacci e lacciuoli della "burocrazia" e della lentocrazia che penalizzerebbero il cittadino, ma, a ben vedere, NON è così!
In  realtà è in corso un attacco mirato e concentrico sulla Giustizia italiana, sia contro chi amministra la giustizia (e potrebbe essere ovvio in simile turpe iniziativa) ma anche e soprattutto contro chi fa rispettare le leggi o permette l'accesso alla giustizia, ossia gli avvocati.
L'avvocatura è l'unica professione che ha valenza costituzionale (art. 24 Cost) e, se praticata come arte liberale, è un grave ostacolo ai manovratori che desiderano "riformare", affogandola la Costituzione, e i suoi (troppi) diritti fondametali.
La debolezza della azione e della reazione - tutta improntata al quieto vivere all'italiana - dei giudici e degli avvocati è la maggiore risorsa di chi non accetta le regole e di chi le sta cambiando senza averne alcun diritto.
La mollezza con cui si battono i ceti intellettuali italiani innanzi ai soprusi degni dei "fermieri del tabacco" narrati dal Rovani e oggi praticati da EQUITALIA, dalle varie Agenzie e Autirità "Indipendenti" (sic!), unita alla incapacità di comprendere che la democrazia si compie se il cittadino è davvero in una posizione effettiva di controllare la spesa e di stabilire le entrate della cosa pubblica E' LA VERA CAUSA DELLA CADUTA PROSSIMA VENTURA.
Credo che - malgrado tutto - ognuno sia artefice del proprio destino e che, quindi, gli italiani devono prendere in mano le redini del loro futuro e lottare per esso, senza deleghe e senza mediazioni di sorta: se faremo un simile sforzo, insieme, allora ce la faremo, MA se ci lasceremo andare a ranghi sparsi nell'ennesimo "TUTTI A CASA" saranno dolori per tutti.













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CONCORDIA RES PARVAE CRESCUNT