L'unica soluzione a questo problema di forte ricaduta giuridica è risemantizzare il valore della persona umana come cittadino portatore di diritti inalienabili, sanciti nella Costituzione e nelle Convenioni Internazionali.
Il termine consumatore, un po' per lo sviluppo impietoso del mercato totale, un po' per l'attività delle imprese volta a prevenire controversie, è stato abusato e, in fondo in fondo, manipolato, proprio per evidenti scopi "difensivi".
L'abilità e l'esperienza delle imprese e del mercato totale fanno sì che le sfumature giuridiche che ruotano intorno al "consumatore" possono essere riassorbite presso altre categorie, vanificando - perché lo dividono - il più vasto campo d'azione di chi si occupa della tutela del cittadino (che è anche consumatore).
In prossimo futuro queste contraddizioni emergeranno con maggiore evidenza sotto la spinta "dei marketing" che spariglieranno l'intera teoria socio economica del "consumatore e della sua tutela".
Infatti, sia l'aspetto del diritto positivo, sia quello della sua applicazione, sono già stai resi statici e imbalsamati nel Codice del Consumo, una sorta di "enciclopedia" del diritto del consumatore che - messa in competetizione - con il turbomarketing rende già ora l'effettiva tutela del diritto del consumatore.
A mio giudizio l'unico sbocco per la soluzione delle controversie consumeristiche passa attraverso la tutela giurisdizionale consumeristica con sezioni specializzate e con un rito processuale ridotto all'osso e con poteri rafforzati investigativi in capo al giudice.
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